Onorevoli Colleghi! - La I Commissione Affari costituzionali ha esaminato in sede referente le proposte di legge nn. 40 e abbinate in materia di istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare. Il testo che si sottopone all'esame dell'Assemblea è stato elaborato dalla Commissione sulla base delle diverse iniziative legislative presentate in materia, da deputati appartenenti a gruppi sia di maggioranza sia di opposizione, e aventi un contenuto largamente omogeneo.
      Nel corso dell'esame in sede referente i relatori hanno predisposto un testo unificato che è stato adottato dalla Commissione come testo base ed è stato successivamente integrato con l'approvazione di alcuni emendamenti.
      I relatori, tenendo anche conto dell'orientamento fatto proprio dai proponenti di alcune proposte di legge, nell'elaborazione del testo unificato hanno assunto quale testo di riferimento la legge n. 386 del 2001, istitutiva della Commissione antimafia nella precedente legislatura, cui hanno ritenuto opportuno apportare alcune rilevanti integrazioni volte, in particolare, a introdurre una specifica procedura aggravata per l'adozione, da parte della Commissione, di provvedimenti limitativi dei diritti di libertà costituzionalmente garantiti e a prevedere un limite massimo per le spese annualmente sostenibili dalla Commissione di inchiesta.
      L'articolo 1 del testo elaborato dalla I Commissione assegna alla istituenda Commissione di inchiesta i medesimi compiti ad essa attribuiti dalle legge n. 386 del 2001. Tali ambiti di competenza sono stati ulteriormente specificati a seguito dell'approvazione di alcuni emendamenti.
      In primo luogo, è stato espressamente previsto che la Commissione avrà il compito di verificare anche l'attuazione delle disposizioni di cui alla legge 23 dicembre 2002, n. 279, relativamente all'applicazione del regime carcerario di cui all'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, alle persone imputate o condannate per delitti di mafia.
      È stato inoltre esteso l'ambito dell'attività di accertamento e valutazione di competenza della Commissione, con riferimento ai processi di internazionalizzazione e cooperazione delle organizzazioni mafiose con altre organizzazioni criminali finalizzati alla gestione di nuove forme di attività illecite, anche alle attività svolte contro i diritti di proprietà intellettuale.
      Con l'approvazione di ulteriori emendamenti sono stati poi espressamente attribuiti alla Commissione di inchiesta sia il compito di verificare l'adeguatezza delle strutture preposte alla prevenzione e al contrasto dei fenomeni criminali nonché al controllo del territorio, sia quello di svolgere il monitoraggio sui tentativi di condizionamento e di infiltrazione mafiosa negli enti locali e di proporre misure idonee a prevenire e a contrastare tali fenomeni, verificando l'efficacia delle disposizioni vigenti in materia, con riguardo anche alla normativa concernente lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali e la rimozione degli amministratori locali.
      Tenuto conto delle risultanze dell'attività istruttoria svolta in materia, i relatori hanno, infine, presentato un

 

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emendamento, approvato dalla I Commissione, volto ad assegnare alla Commissione di inchiesta il compito di verificare l'impatto negativo delle attività delle associazioni mafiose sul sistema produttivo, con particolare riguardo all'alterazione dei princìpi di libertà dell'iniziativa economica privata, di libera concorrenza nel mercato, di libertà di accesso al sistema creditizio e finanziario, di trasparenza della spesa pubblica comunitaria, statale e regionale finalizzata allo sviluppo e alla crescita e al sistema delle imprese.
      Per quanto attiene all'organizzazione dei lavori, l'articolo 1, oltre a prevedere che la Commissione può organizzare i propri lavori attraverso uno o più comitati, costituiti secondo il regolamento interno, come già previsto dalle precedenti leggi istitutive, stabilisce anche che, nello svolgimento delle sue funzioni, essa può consultare anche soggetti e realtà associative, a carattere nazionale o locale, che operano contro le attività delle organizzazioni criminali di tipo mafioso e similari. Quest'ultima previsione, che rappresenta una novità rispetto alla legge n. 386 del 2001, è stata introdotta a seguito di un approfondito confronto in Commissione che ha riguardato, sostanzialmente, l'opportunità di stabilizzare espressamente questa forma di consultazione, come previsto specificamente dalla proposta di legge n. 571, d'iniziativa dei deputati Forgione ed altri.
      L'articolo 2 disciplina la composizione della Commissione e le modalità di elezione dei componenti l'ufficio di presidenza, mantenendo sostanzialmente inalterato il testo della legge n. 386 del 2001. Si prevede infatti che la Commissione è composta da venticinque senatori e da venticinque deputati, nominati rispettivamente dal Presidente del Senato e dal Presidente della Camera in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento.
      L'esame in sede referente si è soffermato essenzialmente sulle modalità di elezione del presidente della Commissione e sulla opportunità di stabilire criteri per la nomina dei componenti.
      Sotto il primo profilo è stata ampiamente dibattuta la proposta, avanzata da alcuni deputati dell'opposizione, di prevedere quorum rinforzati per l'elezione del presidente; la Commissione ha ritenuto, tuttavia, di lasciare inalterato il sistema di elezione previsto dalle precedenti leggi istitutive, riservandosi di svolgere un ulteriore approfondimento della questione nella fase di discussione in Assemblea.
      Un ampio confronto si è poi svolto sulla seconda questione, originata da una disposizione, contenuta nella proposta di legge n. 688 d'iniziativa del deputato Angela Napoli, volta ad escludere che possano fare parte della Commissione di inchiesta coloro nei confronti dei quali sia aperto un procedimento giudiziario per reati di stampo malavitoso o contro la pubblica amministrazione. Tale proposta, non inclusa nel testo unificato predisposto dai relatori e ripresentata in forma emendativa al testo base, ha suscitato forti perplessità sia nel merito sia sotto il profilo della sua compatibilità costituzionale. Sotto il profilo del merito è emersa, in particolare, la difficoltà di discernere tra i diversi casi di possibile incompatibilità con la partecipazione ai lavori della Commissione di inchiesta, che potrebbe riguardare non solamente coloro che si trovano sottoposti a procedimento giudiziario per reati di associazione mafiosa, ma anche coloro, ad esempio, che svolgono attività professionale in difesa di tali soggetti, e, soprattutto, di stabilire la disciplina applicabile nel caso in cui un componente la Commissione dovesse venire a trovarsi nella condizione descritta nel corso del mandato oppure nel caso in cui un componente la Commissione dovesse essere strumentalmente denunciato ai sensi dell'articolo 416-bis al fine precipuo di escluderne la partecipazione all'inchiesta parlamentare. Ulteriori perplessità sono state manifestate in riferimento alla ingiustificata disparità di trattamento che si verrebbe a determinare tra soggetti condannati per alcune tipologie di reato
 

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(ad esempio di matrice terroristica), che potrebbero partecipare ai lavori della Commissione, e soggetti condanati per altre tipologie di reato (ad esempio abuso di ufficio), che per effetto della norma proposta si verrebbero a trovare in una situazione di incompatibilità. Ancora più rilevanti sono stati, poi, i rilievi critici espressi in riferimento alla compatibilità costituzionale di una disposizione volta a prevedere specifiche forme di incompatibilità per la partecipazione alla Commissione di inchiesta. Alla luce di tali considerazioni la I Commissione, nonostante la condivisione dell'obiettivo perseguito dalle proposte emendative presentate in materia, ha ritenuto opportuno prevedere esclusivamente che la nomina dei componenti la Commissione di inchiesta da parte dei Presidenti dei due rami del Parlamento debba tenere conto della specificità dei compiti assegnati alla Commissione medesima. Va ricordato, in proposito, che la II Commissione Giustizia ha espresso perplessità, sotto il profilo della compatibilità costituzionale, anche in riferimento a tale disposizione, che a suo avviso configurerebbe una sorta di «status» di componente della Commissione d'inchiesta che non trova alcun fondamento nella Costituzione, e ne ha conseguentemente richiesto la soppressione, apponendo una specifica condizione al parere da essa espresso sul testo elaborato in sede referente. La I Commissione, tuttavia, tenuto conto della rilevanza della questione, non ha ritenuto di aderire immediatamente alla condizione soppressiva, ritenendo più opportuno svolgere un ulteriore approfondimento della materia nella fase di discussione in Assemblea.
      Per quanto concerne le audizioni a testimonianza e la disciplina del segreto, l'articolo 3 ripropone le disposizioni già recate in materia dalla legge n. 386 del 2001, prevedendo che per i segreti professionale e bancario si applicano le norme vigenti, mentre in nessun caso per i fatti rientranti nei compiti della Commissione può essere opposto il segreto di Stato o il segreto di ufficio.
      La I Commissione ha poi diffusamente esaminato la problematica, già emersa nel corso della precedente legislatura nell'ambito di alcune Commissioni di inchiesta, relativa all'opportunità di stabilire procedure aggravate per l'adozione di deliberazioni aventi ad oggetto i provvedimenti incidenti sui diritti di libertà costituzionalmente garantiti, al fine di prevedere forme adeguate di tutela dei soggetti destinatari di tali provvedimenti.
      Alla luce dell'articolo 82 della Costituzione, che stabilisce che le Commissioni di inchiesta procedono alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni della autorità giudiziaria, non si è dubitato della possibilità che tali Commissioni possano, ad esempio, disporre intercettazioni di comunicazioni, ma ci si è posti il problema delle relative garanzie, considerato che per le Commissioni di inchiesta non possono trovare applicazione le garanzie previste per l'adozione degli atti aventi la medesima natura da parte dell'autorità giudiziaria. Infatti, mentre in sede giudiziaria l'autorizzazione a disporre intercettazioni è data da un organo terzo rispetto a quello che procede nelle indagini e che ne fa richiesta, nelle Commissioni di inchiesta non è dato configurare analogo meccanismo di garanzia, non potendosi attribuire un potere autorizzatorio ad organi esterni alla Commissione.
      La soluzione individuata, pertanto, con il nuovo articolo 4 è stata quella di rafforzare le maggioranze richieste per la deliberazione di tutti i provvedimenti incidenti sui diritti di libertà costituzionalmente garantiti, stabilendo che tali deliberazioni debbano essere assunte con la maggioranza dei due terzi dei componenti, con atto motivato e nei soli casi e modi previsti dalla legge. È stato poi previsto che, in caso di necessità e di urgenza, tali deliberazioni possono essere adottate dall'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, con il consenso dei rappresentanti di gruppi la cui consistenza numerica sia complessivamente pari almeno ai quattro quinti dei componenti la Commissione, e che esse devono essere convalidate dalla Commissione, con la
 

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maggioranza dei due terzi, entro le quarantotto ore successive.
      È da rilevare in proposito, tuttavia, che la II Commissione Giustizia, intervenuta sul punto nell'ambito del citato parere, pur condividendo in linea di principio la previsione di una procedura aggravata, ha ritenuto che debba essere salvaguardata comunque la competenza esclusiva della Commissione di inchiesta nell'adozione di tali provvedimenti. In sostanza la II Commissione non ha condiviso la scelta di rimettere all'ufficio di presidenza le deliberazioni in materia in casi di necessità e di urgenza e ha chiesto, con espressa condizione, di individuare per i predetti casi una diversa procedura. Anche su questo punto la I Commissione ha ritenuto opportuno rinviare la definizione di una soluzione adeguata in materia a un ulteriore approfondimento da svolgere nella fase di discussione in Assemblea.
      Gli articoli 5 e 6 disciplinano, rispettivamente, la richiesta di atti e documenti all'autorità giudiziaria e il regime del segreto per i partecipanti, a qualsiasi titolo, alle attività della Commissione, secondo modalità identiche a quelle già previste dalla legge n. 386 del 2001.
      L'articolo 7 reca, infine, le norme sull'organizzazione interna. Esso contiene una novità di grande rilievo che riguarda le spese della Commissione di inchiesta. Al fine di garantire un contenimento dei costi per lo svolgimento dell'inchiesta, la I Commissione ha ritenuto di introdurre un limite massimo alle spese annualmente sostenibili, il cui ammontare è stato stabilito nella misura di 300.000 euro annui, con la possibilità, rimessa alla valutazione congiunta dei Presidenti dei due rami del Parlamento, di aumentare tale importo in una misura comunque non superiore al 30 per cento, a seguito di richiesta formulata dal presidente della Commissione per motivate esigenze connesse allo svolgimento dell'inchiesta.
      L'importo è stato stabilito sulla base dei costi mediamente sostenuti dalle precedenti Commissioni di inchiesta sulla mafia nelle passate legislature, che si sostanziano essenzialmente in spese per missioni e per consulenze esterne. Sulla disposizione è stato acquisito il parere favorevole della V Commissione Bilancio, la cui competenza consultiva in materia è stata attivata ai sensi dell'articolo 73, comma 1, del regolamento.
      L'articolo 8, infine, disciplina l'entrata in vigore del provvedimento, prevista per il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Sesa AMICI e Gianpiero D'ALIA, Relatori.

 

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